Nel mio precedente articolo avevo promesso che mi sarei addentrata di più nella definizione di Ritiro Sociale ed eccomi qui.
Cercherò di spiegarlo nel modo più semplice e chiaro perché come vi avevo anticipato si tratta di una dimensione complessa.
Per dimensione si intende un insieme di caratteristiche che possono essere misurate sia per qualità che per quantità e nel caso del ritiro sociale possono essere le motivazioni, le emozioni e i comportamenti ad esso connessi.
Il Ritiro Sociale consiste in pratica nel sottrarsi gradualmente alle opportunità di interazione sociale fino alla chiusura totale al mondo, ovvero quei casi in cui una persona si chiude in una stanza senza più vedere nessuno, neanche i propri familiari, per molto molto tempo, mesi o addirittura anni.
Il Ritiro Sociale è un aspetto che può presentarsi in diverse patologie (depressione, fobia sociale, autismo …) per questo è definito transdiagnostico.
La traiettoria di chiusura alla società di solito nasce presto, a volte già nell’infanzia, e dipende da diversi fattori individuali (per es. la timidezza e le abilità sociali), relazionali (per es. la validazione e il giudizio degli altri) e ambientali (per es. il tempo e la numerosità del contesto). Questi fattori possono diventare fattori di rischio o fattori protettivi a seconda di se, quanto e come si presentano. Per esempio avere sufficienti abilità sociali può essere un fattore protettivo rispetto al ritiro sociale.
E’ importante considerare le motivazioni interne che spingono il soggetto a ritirarsi: disinteresse sociale o timidezza conflittuale. Vi sono infatti tre tipi di ritiro sociale:
1) persone che avrebbero interesse a stare con gli altri ma che per ansia e vergogna non ci riescono;
2) persone che provano un senso di estraneità e non appartenenza che inibisce il desiderio di stare con gli altri e li pone in una condizione del tipo “ci sto ma anche no”;
3) persone che sono distaccate e stanno bene così.
Si può dedurre quindi che non sempre il ritiro sociale è una patologia, a volte può essere vissuto come una scelta, un desiderio. Pensate ad esempio al bambino che gioca da solo o all’adolescente che si chiude in camera sua: probabilmente il primo sta sviluppando delle capacità e il secondo sta costruendo la sua identità. Di conseguenza per capire se alcuni segnali sono sintomo di una patologia è importante affidarsi ad un professionista che sappia valutare il grado di adattamento del soggetto che si ritira.
Visto che segni e sintomi del ritiro sociale possono manifestarsi già nell’infanzia e nell’adolescenza, senza cadere in facili allarmismi, qualora ci fosse un dubbio la cosa migliore è rivolgersi ad una psicoterapeuta che possa una corretta valutazione e ricordate sempre che prevenire è meglio che curare!
Ora vi lascio riflettere su questo punto e vi rimando al mio prossimo articolo su questo interessante argomento. Se avete domande e vostre riflessioni da condividere sono sempre ben accette. Stay tuned!