Ciao a tutti,
in questo articolo che prende spunto da una conferenza a cui ho assistito, vorrei parlarvi di come la fatica sia un requisito imprescindibile dal processo di apprendimento e di come la scuola di oggi in molti casi stia abbandonando questo concetto.
Alla recente Fiera delle Parole che si è svolta a Padova, ho partecipato ad una conferenza sul libro Cuore tenuta dal M. Fois. Tra i tanti argomenti trattati, uno è stato il confronto tra la scuola descritta dal libro Cuore e quella di oggi.
Ovviamente e giustamente la scuola è molto cambiata da quella di allora ma si è discusso se tale cambiamento sia sempre stato in meglio. Una delle affermazioni di M. Fois su questo punto è stata: “Da alcuni anni la parola fatica è stata bandita dalle nostre scuole!”
Secondo il relatore concetti come impegno, e fatica non si possono più neanche nominare a scuola e gli insegnanti si stanno trasformando in intrattenitori che fanno i salti mortali per rendere piacevoli e accattivanti le loro materie e lezioni, altrimenti non incontrano il gradimento degli studenti o rischiano di annoiarli.
Ammetto che sono d’accordo con questa opinione perché lavoro spesso a scuola e ho potuto constatare la difficoltà degli insegnanti di tenere accesa l’attenzione e la motivazione dei loro allievi. Io stessa faccio ogni sforzo possibile per rendere interessanti e dinamici i miei incontri in classe.
M. fois ha proseguito il suo intervento spiegando che in questo modo però ci troviamo di fronte ad un paradosso visto che la fatica è un elemento ineludibile dell’apprendimento. Non è possibile leggere, imparare, studiare, conoscere senza impegno e fatica. Allo stesso modo non è possibile trovare studenti a cui piaccia far fatica perché a nessuno piace. Quello che è successo per generazioni è che gli studenti si sono adattati o rassegnati a far fatica, chi più e chi meno ovviamente.
Quindi perché oggi non dovrebbe accadere la stessa cosa? Perché gli studenti di oggi non dovrebbero far fatica se questa è un requisito imprescindibile dell’apprendimento?
Forse questa domanda chiama in causa più noi adulti che i giovani studenti visto che per loro è naturale trovare lo studio difficile e faticoso.
Credo che siamo noi a voler slegare l’apprendimento dal concetto di fatica anche se è un’operazione impossibile. Per esempio mi capita che qualche genitore mi chieda: “Perché a mio figlio non piace studiare?” E io gli rispondo: “Perché a lei da bambino piaceva?”. Io ho dedicato tutta la mia vita allo studio quindi si può dedurre che mi piaccia e mi appassioni, eppure quando andavo a scuola non cantavo propriamente l’inno alla gioia quando era ora di fare i compiti. Da bambina preferivo giocare e da adolescente preferivo dedicarmi ai miei interessi e alle relazioni amicali e sentimentali. Niente di nuovo oggi sotto il sole. I giovani di oggi non sono diversi.
I motivi per cui noi adulti abbiamo deciso di evitare l’incombenza della fatica agli studenti di oggi possono essere diversi: per risultare più graditi ed avere la loro approvazione; per evitargli un compito gravoso; per paura di non essere amati e di entrare in conflitto; per proteggerli da una sofferenza; per procurargli solo esperienze piacevoli e così via.
Qualunque possa essere il motivo alla base di questa scelta la domanda che vi pongo sul finale è questa: “Siamo sicuri che eliminare la fatica dalla vita di bambini e ragazzi sia funzionale al loro crescita?”
Ricordiamoci che impegno e fatica sono “conditio sine qua non” per accedere alla vera conoscenza e alla comprensione della realtà. Quindi meglio un po’ di fatica oggi per avere adulti formati o meglio senza e adulti impreparati un domani? Io ci sto riflettendo e spero lo facciate anche voi.
Se vi va potete condividere la vostra opinione nei commenti e nel frattempo restate connessi!